Imprevisti di percorso: disavventure in viaggio

Ovvero, le piccole e grandi disavventure in viaggio che contribuiscono a renderlo indimenticabile.
Devo dire la verità, considerando quanto ho viaggiato e avendo viaggiato spesso anche da sola, la media degli imprevisti di percorso è molto bassa. Per fortuna!
E, sempre per fortuna, di cose veramente spiacevoli non ce ne sono state. Paura si, a volte anche tanta, stanchezza, pensieri del tipo “non ce la farò mai!”, ma tutte cose che ripensandoci dopo, sembrano quasi divertenti.
Due in particolare mi hanno spaventato più di tutte le altre.

Le disavventure in viaggio

La prima è capitata quando avevo 14 anni e mi trovavo in Provenza con le compagne di scuola. Eravamo a Nimes e ci portarono a vedere la Maison Carrée. Lì vedemmo dei ragazzi rom che si divertivano a rovinare il monumento con un coltellino svizzero. Infuriato, il professore che era con noi li mandò via, minacciando di chiamare la polizia. Quando però poco dopo ci lasciarono per fare un giro della città da sole, e poi ritrovarsi sul pullman all’ora stabilita, li incontrammo di nuovo fuori da un bar. Loro ci riconobbero ed iniziarono a ridere e prendere in giro, come fanno tutti i bulletti di quindici anni. Una delle mie compagne però non sapeva tenere la lingua a posto, iniziò a rispondere e loro ad un tratto si alzarono in piedi, iniziarono a lanciarci contro dei sassi e poi tirarono fuori i coltelli, iniziando ad inseguirci. Vi giuro che in vita mia non ho mai corso così tanto, così veloce. Arrivammo al pullman incolumi, forse giusto con qualche pezzo di polmone in meno.
La seconda invece successe quasi tre anni fa. Era il nostro secondo viaggio insieme, un weekend sulla neve. La meta era il Terminillo, dove quell’anno nevicò tantissimo, e scelsi l’hotel La piccola Baita, che non ha indirizzo, ma per trovarlo col navigatore bisogna impostare le coordinate di latitudine e longitudine. Lo feci, ma non sapevo che per arrivare là tutti i navigatori hanno impostato un itinerario sbagliato. Così, grazie a questa piccola svista (o meglio, disinformazione), ci ritrovammo al buio a salire una strada di montagna sterrata e stretta, con delle reti da un lato e lo strapiombo dall’altro, che finiva di fronte ad un cimitero illuminato da qualche candela. Avete presente quelle scene da film horror, che a guardarle in tv viene da pensare “ma sono ridicoli! Esagerati!” Manco per niente esagerati. Secondo me A Blair Witch Project lo hanno girato tutto da quelle parti. Comunque, in quel momento guidavo io e molto coraggiosamente passai il volante a lui. Continuammo a dare fiducia al navigatore, ma solo perchè era l’unica possibilità che avevamo non potendo tornare indietro. Costeggiammo il cimitero, affrontando salite strette e ripide, al buio, finchè non vedemmo le prime case dopo almeno una 20ina di km di strade di montagne. Un miraggio! Come vedere un’oasi nel deserto! Ma allora qualcuno ci vive! Possiamo chiedere aiuto!… …Nemmeno il tempo di finire di esultare, che la macchina si ferma. Non si spegne, si ferma perchè non riesce a proseguire: ci troviamo in salita, in curva, su una strada ghiacciata mezza asfaltata, con lo sterrato dietro di noi e lo strapiombo di lato. La macchina non riusciva ad andare avanti, perchè le ruote giravano a vuoto: le ruote scivolavano sulla strada ghiacciata e non riuscivano a fare abbastanza presa da riuscire e far muovere la macchina in salita in una curva a gomito.Anzi, più acceleravamo, più la macchina tornava indietro, scivolando giù. Eravamo fermi con l’auto sul ciglio della strada, a 3 cm dallo strapiombo. Alzavo la testa girandomi verso di lui e, per farvi capire quanto la macchina fosse storta e in bilico, lo vedevo letteralmente sopra di me, come se fosse su due scalini più sopra. Alla fine, dopo attimi di panico, molto, molto, mooolto lentamente, uscimmo dalla macchina e arrivammo a piedi alla piazza di questo paesino, ad una trentina di metri di distanza (questa è stata la nostra fortuna!). Erano già le otto di sera e trovammo un bar aperto con dentro due o tre persone, tra cui un maresciallo dell’esercito che ci disse che era normale, capitava a tutti. Quando però ci seguirono per aiutarci, nel vedere la macchina come stava messa commentò con “Ahio, così non c’era mai finito nessuno però…” Tentammo di tutto, persino ad attaccare la macchina al camioncino dell’esercito e tirare, ma niente. L’Aci ci aveva chiesto 1 ora e mezzo di tempo e 180 euro (‘acci loro), che non potevamo spendere. Alla fine scese un vecchietto tutto bello arzillo e ci disse che se ci fidavamo ci avrebbe pensato lui. Eravamo disperati e ormai convinti che la macchina sarebbe rimasta là almeno fino a primavera, con lo scongelamento delle strade, così gli lasciammo le chiavi. E lui, in tre minuti e con due manovre, è riuscito a liberare la macchina, senza nemmeno un danno, e a portarcela sulla strada principale, indicandoci anche la via da seguire. Non credevamo ai nostri occhi! Alla fine ci chiese qualcosa per un caffè, gli lasciammo 10 euro (gliene avrei dati anche di più, visto tutti quelli che ci aveva fatto risparmiare!) e scoprimmo che lui lo fa quasi di mestiere, talmente tante sono le macchine che si incagliano in quel punto. E’ stato una benedizione!

disavventure in viaggio - Terminillo
Poi ci sono le disavventure in viaggio in meno importanti, quelle che possono capitare a tutti.
Una ad esempio ci è successa quando decidemmo di tornare in Italia da Londra la prima volta. Siccome lui non aveva mai visto Parigi, scegliemmo di arrivare nella capitale francese con il pullman e poi da lì prendere il treno diretto per Roma. Se mai doveste decidere di fare una cosa simile, preparatevi, perchè il tunnel sotto la Manica è una delle esperienze più claustrofobiche che ci sia mai capitato di fare. E’ come essere infilati in un tubo di metallo a chiusura stagna, consapevoli di trovarsi a centinaia di metri sotto al mare, con una luce giallognola bassa e fastidiosa, e la scritta “rilassatevi, vi guidiamo noi!” in inglese e francese, che sembra quasi sfottere. Ah, e dovete pure fare la dogana. Quindi se vi venisse in mente di attraversare l’Eurotunnel di notte, se quello raccontato prima non vi ha fatto cambiare idea, almeno non fatelo con 64 kg di bagaglio dietro, fatti da una borsa da football americano, due zaini da campeggio, due trolley, una valigia, una borsa da pc, una borsa da donna, due buste e una scatola. Le cose son due: o non sopravvivete al montaggio-smontaggio delle valigie, visto che vogliono aprirle TUTTE, oppure non sopravvivete perchè venite linciati da tutti gli altri che devono aspettare voi e l’ispezione dei vostri 64 kg di bagagli. Noi siamo sopravvissuti, ma siamo tra i pochi fortunati e non me la sento di dirvi di andare tranquilli. Insomma, per farvela breve, a Parigi ci siamo arrivati sani e salvi. Solo che quando siamo andati in stazione a prendere i biglietti per Roma, ci hanno comunicato che c’era sciopero dei treni in Italia, quindi non sarebbe partito nessun treno diretto in Italia fino al giorno dopo, ma l’unica soluzione era andare a Ginevra e da lì a Milano. Qui abbiamo fatto un errore da principianti: invece di cercare il primo hotel libero a Parigi e aspettare fino al giorno dopo, abbiamo dato retta alla tipa e siamo partiti per Ginevra. Là, la città più cara d’Europa, dove un menù da McDonald lo paghi 15 euro, abbiamo dovuto aspettare fino alle 4 del mattino, prendendo una stanza in un albergo nella zona a luci rosse (120 euro per quattro ore… non fatemi commentare). Almeno poi siamo riusciti a prendere un treno per Milano, e da lì ad arrivare a Roma. In tutto questo, la parte peggiore è stata doversi spostare con tutto quel carico di valige addosso. Credevamo di non farcela, o che avremmo dato tutto in beneficenza ai clochard, a costo di tornare a Roma in mutande. Però alla fine ce l’abbiamo fatta, e l’esperienza insegna.

A pensarci oggi, ci viene da sorridere.

Imprevisti di percorso - biglietto treno
Cosa fareste se mentre state affrontando un viaggio in auto di 5 ore, dopo appena un’ora e mezzo vi si accendesse la spia del guasto motore?
A noi è successo lo scorso weekend. Non sapevamo perchè, nè che fare. Risultato? Sosta a Napoli dal meccanico, e arrivo a Matera a mezzanotte. Roma-Matera in 9 ore… in bicicletta forse ci avremmo messo meno!
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